Quando ho cominciato a registrare i miei primi rap si usavano ancora i “mangiacassette” che solo la parola fa ridere; si chiamavano demo, cioè un mini-album da mettere in circolazione per farti conoscere. Il più delle volte il suono era sperimentale, cioè grezzo. Io ne ho fatti almeno tre prima di incidere un vero cd. Infatti, dopo il terzo demo è uscito il mio primo cd, e la gente diceva: “Guarda lui, ha fatto i soldi! Ha svoltato”. In verità non immaginavano che anche quel cd me lo ero pagato io, infatti almeno sei mesi di lavoro finivano per finanziare studio, grafica e stampa del mio disco. Una volta vendute tutte le copie mi ero reso conto che avevo speso almeno il doppio di quanto avevo guadagnato. Stessa storia per il mio secondo disco. Stessa cosa per il mio terzo disco. Poi ho veramente finito i soldi. E anche la fiducia. E anche il lavoro.
Quando non hai un contratto discografico, l’unica persona disposta a finanziare i tuoi dischi sei solo tu. Gli altri arrivano tutti soltanto dopo che sei famoso. Continuo il racconto. Una mattina ero al lavoro e mi telefona una persona che mi dice: “Ciao Fabri, t’interessa fare un disco con un’etichetta indipendente italiana?”. Io rispondo: “Che cosa è un’etichetta indipendente italiana?”, risposta: “E’ una etichetta discografica che non ha un soldo, ma vuole investire su artisti emergenti”, e io rispondo “Come fate ad investire se non avete soldi?”, risposta: “I soldi poi si trovano, tu anticipali e noi ti rimborsiamo il lavoro”, infatti sei mesi dopo esce il mio quarto disco. Per il rimborso invece ci fu qualche problema, quindi, altro disco, stessa storia, una volta vendute tutte le copie mi ero reso conto che avevo speso almeno il doppio di quanto avevo guadagnato. Nel frattempo succede una cosa strana, su internet la gente ascolta e si scambia tutte le mie canzoni, quattro dischi e tre demo messi in rete negli anni mi hanno reso una leggenda del web. Stessa scena di qualche anno prima, sono al lavoro e mi telefona una persona: “Ciao Fabri, ti interessa fare un disco con un’ etichetta discografica?” io rispondo “indipendente italiana?”, risposta: “no, una major, l’Universal” e io rispondo: “Sì, basta che pagate voi”, risposta: “Certo”. Ma ciò sottintendeva che avrei dovuto entrare in classifica tra le prime dieci posizioni, altrimenti me ne sarei tornato a casa. “Allora, ok”. Infatti sei mesi dopo esce il mio nuovo disco.
Sono a casa e squilla il telefono: “Pronto, chi è?” E’ la mia manager che mi dà la notizia più bella della mia vita: il disco è primo in classifica, ce l’ho fatta.