Si era lontani appena quanto fosse possibile esserlo. Cioè nè tanto nè poco, ma in una specie dimezza via tra gli opposti, dentro una sospensione tiepida di cose poco dette.E chissà se poi le senti veramente, quindi: magari non esistono neppure.
Senti, io non so se successe tutto in un giorno, non so nemmeno che ora fosse e quant’altro.
Parlare con lui, parlare che tutto è finito , pensava la ragazza, vivere. E sotto i suoi capelli arruffati come lunghi punti di domanda c’era l’elenco telefonico.
Diamoci una calmata. – disse – Lui se n’è andato, e dove/accidenti/comelo rintraccio? Chissà quale sarà adesso il suo numero – pensava. Chissà su quali nuovi cifre si ricostruirà il suo nome. Codice crittato di questi anni complici e di cose che passano.Comunque deve essere in città.
Successe. Cominciò senza pensarci troppo. Un po’ annoiata fece ilprimo numero dell’elenco, e subito senza fermarsi il secondo. Poi il terzo,eccetera. Sicura in questo modo di fare anche il suo, altrettanto sicura di non ottenere la comunicazione.
D’altronde cosa dirgli, scusa? Meglio il silenzio o qualcosa di più caldo: doveva esserci un modo per abbracciarlo e tenerselo addosso altrianni ancora. C’era.
Bastava comporre uno dopo l’altro tutti i numeri telefonici di Voghera,e poi…
Poi la storia va avanti in maniera confusa. Questi qui del bar non se la ricordano neppure tanto: fanno certe facce, dicono troppi boh. Qualcuno mi racconta che la signorina sparì dalla circolazione. Interessarono anche la polizia, che però non fece alcuna luce sulla storia. Il mistero di Voghera, lo chiamano ancora oggi. Beh, posso solo dirti, chiunque tu sia, che da allora sono successe delle cose piuttosto strane, qui ingiro. Qui, dico proprio qui tra queste case (no, cellule sembra dire adesso la città svaporando le parole nel fumo acqueo che esce dai tombini). Nel centro spaccato di quartieri ( no, organi precisa la città in un codice morse che corre sui fili dei panni stesi considerando ogni camicia linea, ogni calzino punto). Sopra queste strade (vene sussurra la città soffiando piano nel lunghissimo sgonfiarsi stagionale dei pneumatici di certe macchine lasciate a scolorirsi sotto il sole). Lontano,se guardi bene, dalla centrale elettrica (dal mio cuore corregge la città nel piccolo rumore dei bar che chiudono e nell’allontanarsi della luce dalle case ormai scurissime). Ora tu leggi queste frasi come fossero coordinate di una scomparsa, così i tuoi occhi perdono sensibilità e l’udito può riguadagnare un mezzo vantaggio sui segni del presente, così certe volte ti sembra di sentir squillare improvvisamente telefoni pubblici con il trillo ansiogeno di un’amante inquieta. Come se la città chiamasse qualcuno. Con le sue voci o con quelle di chi ce lo racconta. Niente altro che voci o cose troppo dette: chissà se poi le senti veramente, quindi. Magari non esistono neppure.