E’ talmente banale, il male. Il caro collega che gioisce per un tuo guaio: “Ma davvero”, arrotonda la bocca malcelando un sorriso, “Sapessi quanto mi dispiace… “. 
La maligna gioia che ci invade, spaventandoci, di fronte alle disgrazie altrui. Perché il gene, si sa, è egoista. Siamo programmati, ha ben spiegato Richard Dawkine, per garantire al nostro patrimonio genetico il maggior numero di chances di sopravvivenza. Detto più precisamente: noi stessi non siamo altro che una complessa strategia dei nostri geni (sono loro a comandare la partita, non noi) per assicurarsi un posto al sole.
Ovvio che vedere incespicare malamente i geni altrui possa essere un esperienza rassicurante.
Poi però vediamo alla tivù il documentario delle marmotte che mettono a repentaglio la propria esistenza individuale per portare in salvo le proprie compagne. O (sempre alla tivù, trasmissione Ultimo minuto ) la storia del pompiere che si scapicolla giù per un burrone per recuperare un ragazzino che non gli è nemmeno parente. Geni perversi, che vogliono il bene altrui?
Si tratta invece, pare, sempre del medesimo egoismo. Anche se, a quanto pare, esistono strategie più raffinate del male per raggiungere i propri scopi. Il bene, insomma, è molto meno banale ma altrettanto plausibile del male. La bontà, ha detto autorevolmente qualcuno, è la suprema forma di intelligenza.
Non per offendere il cuore, insomma: ci vuole ben altro.
Cuore-amore. Cuore-mamma.
Eventualmente, pizza. Viva la Gente. Vogliamoci bene. Facciamoci una cantata. E dopo una bella piangiuta. E una colletta, a fine pranzo per i profughi della Bosnia. Basta che stiano a casa loro. E poi parla come mangi. E non parlare come mangi. Basta coi ladroni. Guai a chi mi tassa i Bot.
Viva l’Italia. E’ quasi un programma politico.
Con la mente o con il cuore, allora? Con la mente, con la mente! E senza cuore, se il cuore è un mandolino pazzo o un violino tzigano, sottofondo musicale mentre mangiamo fish and croc e piangiamo (“Gasp. Passami il sale, per piacere”.), mentre sul video scorrono le offerte speciali della settimana del macello di Sarajevo o il caso mirabolante, siore e siori, dei tre gemelli siamesi tre, operati grazie al buon cuore dei telespettatori della Ruota della Fortuna, peccato è rimasto in vita solo un femore, ma guardate che bel femore!
Con la mente o con il cuore? Con la mente, con la mente! Se il cuore non batte come un tamburo di guerra, se non è almeno il coraggio gentile di Barthleby lo scrivano, quello che diceva sempre “preferirei di no”. Se non è l’ombra feconda del dubbio che fa crescere. 
Con il corpo, che è la vera mente, contro l’imperialismo del cuore. Che sa sempre qualcosa di più, che otto ore alla scrivania non ci vuole più stare, e non vuole più mangiare pesticidi e biossidi. Con la mente, finché il cuore non migrerà più a sud, in senso figurato e in senso proprio, dalle parti della pelvi.
C’è più energia lì che nel nocciolo del Superphoenix.


Marina Terragni


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Smemoranda 1995


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