#BlackLivesMatter cambierà anche i videogame?

di Redazione Smemoranda

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La questione razziale negli Stati Uniti è al centro di un nodo di diversi problemi sovrapposti, stretto in modo quasi inestricabile: gli afroamericani sono la parte più povera della popolazione, statisticamente meno protetta dal punto di vista sanitario, più sottooccupata, con meno possibilità di migliorare il proprio status sociale. Inoltre all’interno delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario esistono importanti sacche di razzismo, che fanno sì che sia semplicemente più pericoloso avere a che fare con la polizia se sei nero. È un problema annoso, ma oggi la tecnologia ne ha cambiato la percezione: da quando esistono gli smartphone, è molto più facile che un evento violento venga filmato e diventi pubblico. Che milioni di persone in tutto il mondo vedano le immagini di un omicidio come quello di George Floyd, afroamericano di Minneapolis soffocato da un poliziotto.

Intendiamoci, questo tipo di delitti, così come gli abusi da parte di rappresentanti delle forze dell’ordine esistono anche in Europa. Più in generale, il razzismo esiste anche in Europa, e lo sappiamo bene. Ma in questo momento negli Stati Uniti il problema è arrivato a ebollizione, tanto da portare a una reazione che sembra appartenere davvero alla grande maggioranza della società, non solo a chi è afroamericano. Ma tutto questo ve lo spiega molto meglio Emma, che ci ha scritto direttamente da Boston, dove vive.

Xbox e Playstation contro il razzismo

Adesso però parliamo di videogame. Che uno giustamente dice: “Vabbè, ma che c’entrano i videogame? Quelli sono intrattenimento, è un’altra cosa.” Vero, però anche l’industria è fatta di persone, e a giudicare dalle prese di posizione pubbliche anche i rappresentanti di grandi aziende del mondo dei videogame hanno espresso almeno solidarietà ai movimenti di protesta. L’ha fatto Microsoft, la più enorme delle aziende americane, ad esempio con il tweet che vedete di seguito.

L’hanno fatto anche multinazionali globali che però hanno base in Giappone, come Sony e Nintendo

Stop al razzismo su Call of Duty

Electronic Arts, Double Fine, tanti sviluppatori indipendenti hanno espresso il loro sostegno al movimento Black Lives Matter, e non è solo una questione di parole. Sono state fatte donazioni, ed è stata creata una rete di sostegno per gli sviluppatori appartenenti alle minoranze etniche. Ci sono state anche iniziative che vanno concretamente a impattare i videogame stessi, come quella di Infinity Ward che ha deciso di dedicare molte più risorse per identificare e cancellare i contenuti razzisti usati dagli utenti su Call of Duty.

Questo significa che se avete un certo tipo di nickname o se usate un certo tipo di insulti sulle chat testuali, beh le probabilità di essere bannati dovrebbero aumentare. Ma Infinity Ward è andata perfino oltre, aggiungendo un messaggio che compare all’inizio di ogni partita di Modern Warfare e Warzone. Una scelta mai vista prima nella storia.

Al di là di ogni dubbio sul fatto che una mulutinazionale possa essere davvero sincera nel suo impegno sociale, non possiamo che concludere che questo è un periodo in cui anche i giganti dell’industria del videogame vogliono prendere posizione riguardo ai problemi del mondo reale. L’abbiamo visto con l’emergenza coronavirus, lo stiamo vedendo ancora con il movimento antirazzista americano. Ed è un bene. Produrre intrattenimento, produrre escapismo, non significa chiudere gli occhi di fronte alla realtà.