
“Riccardo Tesi – Una vita a bottoni” racconta la vita di un musicista che si è scelto uno strumento di nicchia, l’organetto diatonico. Riccardo l’ha studiato, amato, rivisto partendo dalla tradizione del folk italiano, dalla natia Pistoia in giro, confrontandosi poi con tanti musicisti europei, diventando un punto di riferimento.
Il libro ricorda il percorso musicale di Tesi, dal liscio (sì!) ai canti d’impegno sociale e politico. Tante fotografie in bianco e nero e a colori, la discografia completa, contributi di colleghi, critici musicali, promotori culturali, più un cd con una scelta ragionata dal suo vastissimo repertorio. Di tutto questo e altro ancora ho parlato con il musicista toscano, persona mite e determinata. Cominciando proprio con il libro.
Riccardo Tesi: Mi sembra che racconti bene il mio percorso artistico, le ragioni e gli intenti che stanno dietro ad ogni lavoro. Allo stesso tempo offre uno spaccato delle diverse fasi che hanno caratterizzato il folk revival degli ultimi quarant’anni, che in qualche modo ho attraversato. Sono partito dalla fase della riproposta fedele e pura del materiale tradizionale fino alla ricerca della mia musica, di mia composizione, nella quale la tradizione è sublimata e corre nascosta sotto tutto il resto. In questa ricerca sono state fondamentali le collaborazioni e gli incontri che ogni volta hanno arricchito la mia esperienza e allargato il mio vocabolario. Collaborare con Fabrizio De Andrè, Ivano Fossati, Stefano Bollani, Gabriele Mirabassi, Gianluigi Trovesi, Patrick Vaillant, Marc Perrone, non può non cambiare il corso della tua musica.
Quasi quarant’anni di vita on the road sono densi di episodi curiosi e divertenti, impossibile rinchiuderli tutti in un libro. Ricordo situazioni surreali, come quella capitata in Portogallo, nel nord vicino Porto, in un centro culturale dove tronavo a suonare per la seconda volta nell’arco di un paio d’anni: durante il concerto c’era un cane che non la smetteva più di abbaiare, tanto che a un certo punto, nel mio portoghese improbabile, ho cercato di di sdrammatizzare dicendo che evidentemente il cane era un nostro fan. Ecco, lì la gente ha cominciato a ridere in maniera sproporzionata, si sbellicavano e io non capivo perché… A cena mi hanno poi spiegato che il cane si chiamava Tesi, perché era stato trovato anni prima proprio il giorno del mio concerto precedente. Mi sono molto affezionato a Tesi, l’ho rivisto più volte nel corso degli anni e con grande tristezza ho appreso la notizia della sua morte poco tempo fa.
Come sono stati scelti i brani allegati al libro?
Il CD ha la funzione di illustrare da un punto di vista sonoro il percorso discografico che viene raccontato nel libro. Non è un “best of”, sono stati omessi i nostri brani più conosciuti ma tutti inclusi sono rappresentativi degli album da cui provengono. Certo ne avrei voluto aggiungere molti altri, ma già il CD è lunghissimo e non sarebbe stato possibile.
E le fotografie?
Anche stavolta la scelta non è stata facile, in alcuni casi la definizione era troppo bassa…
Sono molto dispiaciuto di non essere riuscito a pubblicare una foto con Fabrizio De Andrè, ne esistono alcune di Guido Harari, uno dei miei fotografi preferiti, ma non ce l’abbiamo fatta a recuperarle. Sono invece contento di avere quelle di Lucia Baldini alla quale devo alcuni degli scatti più belli (compresa la copertina) realizzati per Presente Remoto. La mia preferita di sempre è quella dove abbraccio e bacio l’organetto, mi sembra che descriva la mia essenza e la felicità di una giornata speciale. Poi ci sono quelle di Lieve Boussaw, una fotografa belga che ho conosciuto durante le sessioni fotografiche di Samurai. Adoro il suo modo quasi pittorico di lavorare le foto in postproduzione. Invece un grande artista del bianco e nero è Daniele Coricciati, fotografo salentino che ha curato l’artwork del disco di Massimo Donno e che mi ha regalato uno scatto al quale tengo molto. E poi le storiche foto del passato più remoto a cura di Paolo Benvenuti, Alessandro Botticelli, Patrice Dalmagne.
Spero che questo libro sia utile per capire meglio un movimento musicale articolato e complesso come il folk revival che, spesso lontano dalla luce dei riflettori, nella penombra, non ha mai smesso di evolversi, di cambiare pelle, e di dare il suo personale ed importante contributo alla musica di oggi. Nella nicchia, proprio perché sganciata dalle logiche di mercato, molto spesso si nasconde la buona musica e questa è la vera ragione per cui ho scelto questo mestiere. Un grazie di cuore a tutte le persone che in modi differenti mi hanno aiutato a percorrere questa strada e ne hanno condiviso brevi o lunghi tratti.
Lascia un commento