Silenzi e stanze. Altre storie da Edward Hopper

di Alessia Gemma

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Silenzi e stanze. Altre storie da Edward Hopper

Questi nuovi racconti di Michele vanno oltre. Innanzitutto non ti impongono la musica di sottofondo, quella che nei bar non ti fa pensare e non ti lascia conversare nei ristoranti o peggio quella che esce dalle cuffiette degli altri in treno e ti rovina le riflessioni da finestrino. Quell’orpello di troppo, che non accompagna ma s’impone (una delle più grandi rotture di palle dei tempi moderni dopo i gruppi WhatsApp). I racconti di Michele non sono immersivi, non sono multimediali, sono trip, viaggi, quelli mentali che ti fai da solo davanti a un quadro, o la notte il minuto prima di addormentarti, o di ritorno da una mostra o al terzo bicchiere di vino buono…

Si chiama Silenzi e stanze ed è la seconda raccolta di racconti di Michele Mozzati, quello di Gino&Michele. Sono racconti che nascono dai quadri di Edward Hopper. Sono molto belli, perché non t’impongono la musica, il motivo né il passo. Se ci vuoi stare ci stai, parti da lì, poi puoi continuare da solo il Trip, come vuoi.

Le pompe di benzina, i divani, le finestre, le vetrate, i vagoni, i bar, le donne, gli uomini, i cappelli, i tavolini, diventano parti importanti di una storia. Quelle di Michele ed Edward Hopper sono le storie del subito prima o del subito dopo qualcosa, del subito prima o subito dopo qualcuno che arriva, va via o resta.

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Per chi li ha visti da vicino sa che i quadri di Hopper (oltre a stupirti per le loro piccole dimensioni!) sono spazi mentali, vuoti riflessivi, pause emotive, sono luce, muri, silenzi e stanze. Sono la testa quando è in pace. Sono la testa quando si ferma a pensare e s’illumina. Sono la testa quando sei in viaggio, entri in un museo, ti fermi davanti a quel quadro e ti ritrovi o ti ricordi.

Ci racconta Michele che “Nietzsche diceva che ‘l’arte nasce dall’incontro di due elementi, un grande realismo e una grande irrealtà’ e Hopper dominava entrambe le cose, ha messo tutto all’interno di una ideale bottiglia molotov. È come se nei suoi quadri immobili si fosse a un attimo prima dell’esplosione. Come se la bottiglia rimanesse sospesa in un volo destinato a non compiersi mai, benzina e fuoco ancora a cercarsi.”

Il libro parte, nella prefazione, da quello che pare sia stato l’ultimo quadro di Hopper, Two Comedians, 1966. “Loro sono noi, tutti presi dalla nostra necessità di non finire soli.”

– Michele, qual è il tuo racconto preferito?

– Quello che mi ha divertito di più scrivere è stato Ciao, neh!, la postfazione. Ma manca un passaggio logico quindi non si capisce bene!

– Un passaggio logico?

– Eh! Una frase secondo me importante.

– Ma no. E chi te l’ha tagliata?

– Io, per sbaglio!

Vi regaliamo la frase, è un bonus Smemo “Come avrai notato sono uscito prima della fine.”. Mettetela dove vi pare, fatevi voi una storia!