
Da qualche giorno su Facebook e Instagram impazzano gli hashtag #10yearschallenge o #tenyearschallenge associati alle foto di come eravamo 10 anni fa. Non si sa bene il perché, forse una riflessione su come siamo cambiati sui social (e attraverso i social…) o comunque la solita esortazione a condividere la propria immagine, la propria vita, come se a qualcuno interessasse qualcosa. Si chiamano call to action: ti invitano a pubblicare e condividere cose per generare movimento e numeri. La prima e superficiale conferma che ci dà questo giochino #10yearschallenge è che i filtri ci hanno dato una mano nella nostra vita virtuale ma ‘na mazzata nella vita reale: in strada e dal vivo siamo meno belli di almeno 5 livelli!
#10yearschallenge è un trucchetto social che stimola gli algoritmi e sta funzionando perché quando l’esortazione riguarda noi stessi, la messa in mostra della nostra immagine, un finto senso di empatia e appartenenza allora il fenomeno diventa virale e il conformismo da social vince e monta.
Tutto è partito dalla sfida “How Hard Did Aging Hit You”
Il problema, da sempre forse, è che però il narcisismo è per antonomasia troppo autoreferenziale per destare interesse in qualcuno, il narcisista monologa allo specchio. Dunque pubblichiamo foto di noi stessi per noi stessi in pratica esperiamo in immagini la solitudine!
10 anni fa io entravo in Facebook e un anno dopo ero già in crisi durissima
10 anni dopo stiamo ancora insieme ma non ci baciamo più, lui per me è solo lavoro 😉
E chissà se è un caso che il 2009, 10 anni fa, segna per Facebook e per il mondo una data da manuali di storia, di psicologia, di filosofia, di matematica, di sociologia, di economia… l’introduzione dei like, una rivoluzione emotiva e culturale: uno studio li ha associati a micro orgasmi, ogni like ci darebbe botticelle di ossitocina come fossero orgasmini, per questo ne siamo così ghiotti e dipendenti, per il nostro piacere. Il problema è che sono troppo brevi ed effimeri quindi ne vogliamo sempre di più e ormai siamo anche disposti a pagarli… riapriamo a questo punto le case chiuse dei like.
Ora dagli Stati Uniti ci mettono in guardia: sarebbe meglio non pubblicare troppe nostre immagini di come eravamo perché potrebbero incidere nella ricerca di un lavoro. Ci studiano attraverso i social che sono diventati un po’ il nostro curriculum e sono la prima immagine che diamo di noi stessi.
Il trucchetto per vincere la tentazione potrebbe forse essere questo: scegliamo la nostra foto di 10 anni fa, associamola a una frasetta buffa dove fingiamo di schernirci per autorizzare il nostro narcisismo che fa sempre un po’ brutto e poi prima di cliccare PUBBLICA facciamoci le due grandi domande esistenziali: ma perché lo faccio? Ma a chi cavolo interessa ‘sta foto?
Lascia un commento