Non c’è bisogno di spiegare che il primo Space Jam è un mito generazionale. Nessuno sentiva il bisogno di un seguito, certo, ma la Warner Bros l’ha fatto lo stesso. E viste le proiezioni sugli incassi in tutto il mondo, forse avevano ragione loro. Rimane da capire se Space Jam 2: New Legends sia come il primo oppure se abbia qualcosa di più.
Meglio Space Jam o Space Jam 2?
Iniziamo con il dire una cosa fondamentale: il nuovo Space Jam è sicuramente meglio del vecchio. Dal punto di vista tecnico, ovviamente, visto che la grafica digitale ha fatto passi da gigante, e mettere insieme attori veri e cartoni animati non è più complicato come un tempo. Dal punto di vista della regia, perché il regista di questo nuovo Space Jam, Malcom D. Lee, è molto più bravo di quello del vecchio, Joe Pytka. Dal punto di vista della recitazione, perché ok, possiamo discutere quanto volete sul fatto che Lebron James sia o non sia al livello di Michael Jordan dal punto di vista sportivo, ma senza dubbio è un attore migliore.
Un pubblico nuovo
Detto questo, ovviamente quello che manca al nuovo Space Jam è l’originalità, visto che non è altro che una versione aggiornata della storia del primo film: ma cambia lo svolgimento, non il tema. Tuttavia, l’idea di fondo della Warner Bros. è che gli spettatori che vedranno questo film non abbiano visto il precedente, che conoscano le imprese sportive di Lebron meglio di quelle di Michael, e che non abbiano mai visto un cartone dei Looney Tunes originali. Perché altrimenti si accorgerebbero che tutte le gag visive che vediamo nel film, semplicemente, le abbiamo già viste. Il resto, più o meno, è product placement di scarpe da ginnastica e roba del genere.
Icona pop o inguardabile spottone?
Quindi, a chi guarda decidere: cos’è questo film? È un esempio di come si possa fare un grande film commerciale che racconta con ironia cos’è diventata l’industria dell’intrattenimento americana in questi anni? O è l’ultimo chiodo nella bara di Bugs Bunny e compagni, nati negli anni Trenta da un gruppo di animatori che lavoravano in una baracca, ultima ruota del carro degli studi, senza soldi, ma con grande libertà artistica? Oggi i soldi scorrono copiosi, ma di libertà artistica, in certi prodotti, sembra esserne rimasta poca.
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