
“E c’era un posto chiamato Milano”, comincia così la storia di Giorgio Comaschi e Alessandro Pilloni. Racconta la Milano di trent’anni fa, che ormai non esiste più, quella che era, per usare le parole di Marina Viola “in parte bigotta e in parte affamata di cambiamenti, in cui il fermento era tangibile, la voglia di provare a uscire dai canoni quasi una necessità: Dario Fo, Enzo Jannacci, Cochi e Renato e Beppe Viola riuscirono a creare un linguaggio nuovo, mischiato con un milanese che faceva tenerezza e uno sguardo a chi, e ce n’erano tanti, non era nel radar del successo e invece aveva dentro una poesia e un senso di giustizia da invidiare”. Una città che era capace di raccontare storie grigie con parole nuove, all’avanguardia, che facevano ridere di gusto, a volte pure piangere di gusto. Soprattutto facevano pensare. Così, attingendo dai libri di Beppe Viola come “Quelli che…”, “L’Incompiuter”, e da quello di Marina Viola “Mio padre è stato anche Beppe Viola”, Giorgio Comaschi, attore, scrittore e giornalista, e Alessandro Pilloni, attore e autore, venerdì 31 marzo mettono in scena allo Zelig di viale Monza 140 – il posto non è un caso – la Milano che ha lasciato un segno indelebile nel linguaggio teatrale, comico e televisivo del paese intero. E, soprattutto, ha lasciato un segno nelle persone che l’hanno vissuta, direttamente o indirettamente, attraverso le parole straordinarie di Beppe Viola e Enzo Jannacci.
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