I più celebri espatriati dall’Unione Sovietica, contrariamente ai loro conterranei Nureyev, Baryshnikov, Derevianko e Natalia Makarova (tutti più o meno sistematisi in Occidente per via di flirt con attrici bionde e famose o con ballerine italiane furtivamente sposate in terra natia), in realtà sono fuggiti su effettiva insistenza dei loro compatrioti. Accusati in seguito di aver abbandonato i loro allegri teatri “per una montagna di birra e un mare di dollari”, oggi se la godono in terra straniera. Sono dieci, vale la pena citarli tutti. Ludmilla Beaulemova detta “lo spitfire di Leningrado”. A lungo te favorita nelle capitali siberiane, le sue pirouettes sono ricordate ancora oggi perché capaci di sciogliere “il permaghiaccio” dal soffitto del Teatro dell’Opera. La folgorante carriera della Beaulemova in terra libera, fu inaugurata da un gala di beneficenza a favore dei congiunti delle vittime delle sue precedenti rappresentazioni. Alexis Ivanovitch Kermontov detto “dieu de la danse”, prima di entrare nel mondo del balletto è stato addestrato come astronauta. Forte, ma flessibile, bonaccione ma scrupoloso, sensibile e dedito a incredibili voli di stranezza, è specializzato nel ruolo di partner. Sebbene nessuna ballerina sia sopravvissuta per poter raccontare il brivido del suo tocco, è ancora oggi ricordato per la sua forza bruta. Susina Grabovanskaja famosa ballerina “country & western”, originariamente prima ballerina del Teatro d’Opera Ole ha recentemente traslocato dalla sua mega-villa di Nashville per tentare la fortuna a New York. Non c’è altro da dire. Raissa Semeniakashaja. Rimase orfana all’età di tre anni, quando sua madre, una ballerina di dubbia classe, restò infilzata nell’archetto del violino di Fiodor Vletimosky, suo amante da qualche mese. Suo padre era fuggito da casa l’anno prima con la prima ballerina de Le chat rouge, noto locale gay della capitale. Il trauma subito durante l’infanzia non permise mai a Raissa di esprimersi al meglio. Zarina Zamarkova. Le sue doti di fragile spiritualità hanno fatto sì che questo folletto incantatore fosse paragonato a un soufflé di limone delicatamente poggiato sull’orlo del collasso totale. I suoi tendini super-allungati traspirano una dolcezza infantile che tradisce la sua vera età. Igor Stefanescovitch. Abbandonò lo Smimoff Ballett eseguendo un incredibile “grand pas de poisson et saut de chat” in estensione. Prima di allora, nessuno si era accorto di lui. Gianni Agus. Omonimo del noto attore nostrano. Anziché capoufficio del dottor Fracchia si dilettò ad ammaestrare il giovane Rudolf Nureyev, al teatro Kirov di Leningrado. Nadia Doumyafeiva. E la leggendaria e paziente “baby-ballerina”, la cui camera fu tragicamente mutata da un oggetto scagliatole in fronte da un suo ben intenzionato fan. Sebbene ancora oggi soffra di amnesie, la sua arte continua a crescere (mentre il bozzo sulla fronte continua a diminuire). Di lei si può affermare che è la testimonianza vivente dell’antico adagio: “difficile è colpire un bersaglio semovente”. Margeaux Mondeyn. Inizialmente sarta di una ballerina. Iniziò la sua carriera una sera in cui, inavvertitamente, chiuse la padrona in un armadio e prese il suo posto sulla scena. Nonostante fosse acclamata dai critici di tutta la nazione per la sua straordinaria tecnica, non riuscì a darla a bere a nessuno. Subito inseguita da impresari e compagnie, decise di spendere tutto il suo tempo prezioso prefezionandosi nella recitazione. Non si hanno più notizie della sua padrona. Svetlana Youbetyabootskaja. È una di quelle rare danzatrici che con un solo colpo d’occhio apprendono ogni passo di un balletto e potrebbero, indifferentemente, interpretare ogni ruolo. Socia fondatrice del Club Punta e tacco di Kiev, ha ricevuto negli Stati Uniti il primo premio al Festival di Charleston. Il testo della sua biografia è in via di traduzione. Cercatelo perciò nei prossimi giorni in libreria.


Paola Calvetti


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Smemoranda 1988


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