
Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz furono abbattuti dall’Armata Rossa. È la giornata scelta dall’Italia nel 2000 per ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia. E per non dimenticare coloro che, anche in ambiti e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita ne hanno salvate altre e protetto i perseguitati. Dal 1º novembre 2005 anche l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha scelto il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime dell’Olocausto istituendo la Giornata della Memoria.
Quello che successe allora va ricordato al presente, come stesse accadendo adesso, perché come dice Primo Levi “L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria”.
E allora ricordiamo. Una volta sorpassati quei cancelli, i prigionieri sono denudati, rasati a zero e loro capelli usati per riempire materassi e cuscini, o per costruire bombe. Da lì in poi l’unico abito indossato è una divisa a strisce grigio-azzurre. La zebrata, sempre la stessa, perché non è consentito lavarla. Una casacca e un paio di pantaloni per i maschi, un camicione per le femmine, sono imposti a tutti i prigionieri, inclusi i bambini. Sulla zebrata c’è un numero d’immatricolazione scritto in nero su stoffa bianca, posto all’altezza del cuore e al centro della coscia destra – nel lager di Auschwitz anche sull’avambraccio sinistro – un numero che sostituisce il nome del prigioniero. Per snellire le pratiche di identificazione cuciti sulle divise ci sono dei triangoli colorati, attribuiti in base alla presunta colpa. Una sorta di folle sistema semiologico di identificazione della persona.
TRIANGOLO GIALLO
Agli ebrei sono assegnati due triangoli gialli sovrapposti come a formare la Stella di David. Già nel 1941 l’obbligo di portare la Stella di David con scritta la parola “Jude” (giudeo in tedesco) fu imposto agli ebrei al di sopra dei 6 anni nelle zone occupate dalla Germania nazista. Talvolta uno dei due triangoli sovrapposti è di colore diverso per indicare l’apparenza del prigioniero ebreo alle altre categorie. Per esempio una stella formata da un triangolo giallo e uno rosso è destinata ad un ebreo arrestato anche come politico.
TRIANGOLO ROSSO
I triangoli rossi identificano i prigionieri politici, composti per la maggior parte da comunisti, socialdemocratici e anarchici, nei cui confronti è stato emesso un mandato di arresto per motivi di sicurezza. All’interno del triangolo rosso è stampata la sigla della nazionalità del deportato. “B” (Belgier, Belga), “F” (Franzosen, Francese), “H” (Holländer, Olandese), “I” (Italiener, Italiano), “N” (Norweger, Norvegese), “P” (Polen, Polacco), “S” (Republikanische Spanier, Repubblica Spagnola) “T” (Tschechen, Ceco), “U” (Ungarn, Ungherese).
TRIANGOLO ROSA
Nel 2002 il Governo tedesco ha chiesto ufficialmente scusa alla comunità gay. Gli omosessuali sono stati a lungo vittime dimenticate del regime nazista, ma numerosi furono internati e uccisi nei campi di concentramento. Come Pierre Seel, scrittore omosessuale, deportato a Schirmeck: qui la sua storia.
A distinguerli dagli altri prigionieri era il triangolo rosa, cucito sulla divisa all’altezza del petto. Più di un milione di tedeschi sospettati di “attività omosessuali” sono stati colpiti di cui almeno 100 mila sono stati arrestati, interrogati e processati, e non meno di 50 mila condannati alla carcerazione. Altre centinaia di uomini sono stati sottoposti a castrazione o sterilizzazione obbligatoria dietro ordine diretto dei tribunali. Per salvarsi era necessario nascondersi e fingere di essere altro. Per molto tempo nessuno ha parlato di loro, per molto tempo questo simbolo è rimasto invisibile agli occhi di molti. Solo a partire dagli anni ’80 si è cominciato a riconoscere anche questo episodio della storia, e a definirlo nello specifico come “Omocausto”.
TRIANGOLO NERO
Indossavano il triangolo nero, come gli asociali. Le donne che amavano le donne erano, secondo l’ideologia nazista, un pericolo ai valori dello stato. Essere lesbica era considerata un’aggravante rispetto ad altre imputazioni (ebree, ladre, prostitute…). Essere lesbica significava non obbedire al volere dei maschi che pretendevano in ogni caso e in ogni modo di sottomettere la donna. Le donne dovevano stare a casa ad accudire i figli. Le donne facevano quello che dicevano gli uomini. Le lesbiche dichiarate no. Particolarmente osteggiate furono le intellettuali ed artiste indipendenti che prima dell’avvento del nazismo vivevano liberamente l’amore e non si conformavano all’ideale nazista, quali Claire Waldoff, Gertrude Sandmann, Christa Winsloe e Thea Sternheim. Indossavano il triangolo nero. Dagli anni 70 è usato come simbolo di protesta per i diritti LGBT.
TRIANGOLO MARRONE
Simbolo delle vittime di uno degli olocausti dimenticati della seconda guerra mondiale, il Porajmos (Grande Divoramento) o Samudaripen (Tutti Morti) in lingua romanì, durante il quale persero la vita oltre 500mila persone rom e sinti. In una sola notte, il 2 agosto, 2.897 persone tra uomini, donne e bambini trovarono la morte nel crematorio numero 5, quello più vicino allo Zigeunerlager, il campo per famiglie zingare di Auschwitz-Birkenau.
TRIANGOLO VIOLA
Il triangolo viola è destinato ai testimoni di Geova, o Studenti Biblici, come venivano chiamati allora, spesso accusati di essere vicini a ebrei e comunisti. Perseguitati dalla Germania nazista, furono tra i primi ad essere internati nei campi, già dal 1933. Si stima che circa 10mila, su una comunità di 25mila persone, finirono nei campi di concentramento per il rifiuto di giurare fedeltà al Führer e prestare il servizio militare, e 2mila furono uccisi. A molti genitori fu tolta la potestà dei figli, rinchiusi nei centri di rieducazione o affidati a genitori nazisti.
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